mercoledì 5 settembre 2007

La sottile linea rossa



L’Europa di oggi mi piace, sono felice fiero ed orgoglioso di essere cittadino europeo. Viaggiando in Europa si ha una grande sensazione di libertà (purtroppo soltanto essendo cittadino europeo) , la sensazione che ci siano molti popoli diversi ma nessuna frontiera. Molte volte ad esempio non ci si rende bene conto del confine tra uno stato e l’altro dell’Europa. Stai viaggiando con la tua auto e ti accorgi ad esempio che la lingua nei cartelloni pubblicitari è cambiata , allora capisci che hai passato la sottile linea rossa, e non te ne sei accorto mentre la passavi ma dopo che l’hai attraversata: questo è bellissimo. Non sono i confini a fare i popoli, ma le diverse culture.

Mi piacerebbe fosse così in tutto il mondo.

Infatti mi piace meno l’Europa di un tempo: quella che ha “esportato” i confini nella stessa maniera in cui alcuni delinquenti oggi “esportano” la democrazia.

Come sarebbe ad esempio l’America oggi senza l’invasione e la devastazione prodotta dagli europei? Come si sarebbero evoluti i popoli Maya e Azteco? E perché i nativi nordamericani continuano ad essere chiamati indiani quando sono più di 500 anni che si sa che non lo sono? Perché invece gli inglesi emigrati in America del nord vengono chiamati americani? Tra l’altro poi gli “inglesi emigrati”, dopo cinquecento anni dalla loro emigrazione, hanno concesso agli americani nativi la cittadinanza americana!!! Sembra una barzelletta, ma purtroppo è la realtà. Mi piacerebbe parlare di questo con un nativo americano.

La sottile linea rossa, oltre che il titolo di un bel film che ha la speranza di far riflettere le coscienze, è la dimostrazione delle porcherie che il mondo che si dice civilizzato è stato ed è tutt’ora capace di produrre.

La sottile linea rossa è appunto la linea disegnata su una carta geografica che decide le sorti di un gruppo di persone che molte volte nemmeno si può definire popolo, perché un popolo è un’altra cosa.

Un popolo è un insieme di persone che hanno in comune caratteristiche come radici, lingua, cultura, religione e nazionalità.

Molte volte invece i popoli sono stati (e tutt’ora lo sono) divisi dalla sottile linea rossa: dopo conquiste militari da parte del potente di turno sono stati decisi i confini.

I confini poi cosa sono? Sono delle barriere più o meno visibili che delimitano la libertà dei popoli ma sopratutto delle singole persone.

Persone che possono essere di serie A o di serie B, per non parlare di quelle di serie C.

Perché ad esempio un cittadino di un paese X può andare nel paese Y, ma il cittadino del paese Y non può andare nel paese X?

Se un mio amico mi viene a trovare a casa, perché pure io non posso andarlo a trovare a casa sua? Le cose sono due allora: o non siamo amici oppure ha qualcosa da nascondermi e quindi non siamo amici.

Mi chiedo ad esempio perché se uno ha la “fortuna” di nascere a San Diego può andare a Tijuana con la semplice carta d’identità ed invece uno che ha la “sfortuna” di nascere a Tijuana non può andare a San Diego se non dopo ore e ore di coda sotto il sole per richiedere un visto. Visto che viene rilasciato solo dopo averti preso le impronte digitali, la foto della retina, averti chiesto cosa vai a fare a San Diego e dove andrai a dormire. Ma che cazzo ti frega a te di dove vado io?! Sono forse un delinquente?! I Messicani sono delinquenti per definizione e gli statunitensi no?!

Una cosa che mi fa incazzare è il fatto che un cittadino, per lavorare in uno stato che non sia il suo e che non abbia particolari accordi con il suo stato di appartenenza, debba sudare sangue e comunque aspettare dei mesi (quando non anni) per avere il permesso di lavorare in regola.

Ad esempio un argentino che voglia lavorare in Spagna, o un messicano che voglia lavorare negli stati uniti, o uno statunitense che voglia lavorare in Europa, deve partire dal suo stato con il contratto di lavoro già firmato!

Io mi domando come sia possibile trovare lavoro a 10.000 chilometri di distanza?

Chi ti da un lavoro senza nemmeno averti visto in faccia?

Possibile che non si possa dare un visto turistico al lavoratore emigrante, che può essere emigrante anche solo per qualche mese o anno o per tutta la vita, ed una volta emigrato si cerca il lavoro che meglio gli aggrada?

Perché invece molte persone sono obbligate a rimanere nella clandestinità non potendo lavorare regolarmente?

Logico che poi si rivolgono ad associazioni criminali per trovare lavoro.

E ci lamentiamo che gli extracomunitari fanno i delinquenti o che lavorano in nero. E che altro possono fare? La sottile linea rossa non gli permette di fare altrimenti.

Gli extracomunitari che si macchiano di un crimine devono essere sbattuti sul primo aereo verso il loro paese a loro spese, devono scontare la condanna nelle carceri del loro paese e non devono mai più poter far ritorno nello stato in cui hanno commesso il crimine se è stato grave, oppure devono essere sottoposti a controlli stretti se il crimine è stato di non grave entità.

Facciamo pagare i criminali, non i lavoratori onesti, quelli lasciamoli lavorare in pace.

Ho la netta sensazione che la linea rossa sia un generatore di criminalità.

I popoli mi piacciono, gli stati meno.

E poi la cosa che più mi da fastidio e che più ma ha fatto sentire umiliato: il passaporto!

Sostanzialmente un pezzo di carta, ma virtualmente una chiave di accesso per attraversare indenni questa maledetta linea rossa.

La cosa che più mi ha umiliato è che io non sono io, non sono quello che dico di essere, sono quello che un pezzo di carta dice che io sono! Pazzesco! Pazzesco! Da non crederci.

Ho subito questa situazione quando mi è stato rubato il passaporto poco prima che dovessi entrare negli Stati Uniti dal Messico. Senza il pezzo di carta che dicesse chi fossi, non potevo entrare. Con il pezzo di carta si, senza pezzo di carta no.

La sottile linea rossa, rossa di sangue e di odio.

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