venerdì 21 settembre 2007

Armi di distruzione di massa



Milioni di giovani di questi tempi usano droghe sintetiche, molti ne abusano. Fino a sabato scorso ero fra quelli che, per paura, per mancanza di occasioni o per scelta, non l’avevano mai provata.

Ad un’età che non è propriamente adatta o in ogni modo tipica per affacciarsi al mondo delle droghe sintetiche decisi che questa esperienza non poteva mancare al mio curriculum, la curiosità mi spinse a provare.

Molti miei amici e conoscenti usarono exctasi ed altre droghe sintetiche in abbondante quantità da adolescenti e saltuariamente lo fanno tuttora.

Sabato scorso mi si presentò l’occasione di andare ad una festa molto simile ad un rave, peraltro tenutasi in un luogo fiabesco: all’interno di un piccolo castello medievale.

Mi decisi ed andai con la mia ragazza Giulia, suo fratello Beppe, la sua ragazza Anna ed il mio amico Alessandro. Giulia, Beppe ed Alessandro avevano già avuto esperienze in merito.

Salimmo tutti nella mia auto e partimmo verso lo sballo.

Come già detto per me fu il primo rave a cui partecipai, quindi non posso fare un serio confronto con altri eventi del genere ed a dire il vero non è questo il mio scopo; quello che voglio è descrivere l’effetto che ebbe su di me l’mdma, la droga sintetica per eccellenza dei rave, usata anche come principio attivo per produrre l’ecxstasi.

Nel gran parcheggio fuori del castello c’erano alcuni camper e molte auto.

A detta dei miei amici solitamente i rave sono ad entrata gratuita, sfortunatamente il nostro fu a pagamento.

Per il fatto appunto dei 15 euro da sborsare ci pensammo un po’ prima di entrare ma alla fine, vista anche la strada per arrivarci, ci decidemmo. Era circa l’una e mezza di notte, dentro il castello non c’era moltissima gente, circa un centinaio di persone, la musica tecno pompava già ma ad un volume secondo me un po’ troppo basso.

Un paio di bancarelle, ad un lato del cortile del castello, vendevano le solite cianfrusaglie tipo posacenere, ceylum, magliette, incensi.

Di fronte al dj -una ragazza carina, o almeno così mi appariva- si trovava la pista da ballo che sostanzialmente era la parte centrale del cortile del castello; in centro alla pista c’era una strana costruzione che riuscii a focalizzare soltanto più tardi; ad uno sguardo da “non addetto ai lavori” infatti si vedevano solamente due scale che sostenevano dei teli fluorescenti, dalle scale penzolavano inoltre dei fasci di neon viola, quelli, per capirci, che fanno apparire fluorescenti gli indumenti bianchi.

Le pareti del castello, di modeste dimensioni, erano collegate tra loro da dei fili dai colori rigorosamente fluorescenti; a questi fili erano attaccati alcuni cubi, ognuno diverso dall’altro, formati da un telaio di legno intrecciato dagli onnipresenti fili fluorescenti.

Ad un lato della pista c’era un bar che vendeva acqua e birra.

In un’ampia stanza all’altro lato della pista vendevano torte sia salate che dolci e succhi di frutta.

Con i miei amici facemmo un giro di perlustrazione e devo dire che non notai molta gente sballata.

Pian piano giunsero altre persone, all’ora di punta eravamo circa in trecento.

Alessandro fremeva ed aveva una gran voglia di trovare mdma.

A dirla tutta io mi stavo annoiando a morte e mi dava fastidio il fatto di aver percorso tutti quei chilometri e sborsato 15 euro d’entrata per non divertirmi nemmeno un po’, ma non ero neppure pienamente convinto di provare la droga.

Alessandro s’informò da alcuni ragazzi e venne quindi a sapere che uno dei camper parcheggiati fuori del castello era fornitissimo di una quantità di droghe.

Si precipitò ad acquistare mezzo grammo di mdma e due trip.

I trip li mise da parte per un altro giorno, la polverina magica invece la disciolse in una bottiglietta d’acqua.

Era euforico, non tanto perché la droga avesse già fatto effetto, ma per il fatto d’averla trovata.

Volli provarne un sorso e sentii in bocca il gusto amarognolo del composto chimico, la mia ragazza invece ne bevve più di qualche sorso, per lei non era la prima volta.

Quel tipo di droga, presa in tal modo, impiega circa 45 minuti per andare in circolo.

Sapevo che quel sorso che bevvi avrebbe avuto un effetto impercettibile, vista l’irrisoria quantità di sostanza che conteneva, invece Alessandro e Giulia già iniziavano a sentire i primi sintomi. Ci pensai un po’ su e visto che non mi divertivo per nulla, con la superiorità di chi pensa: “Si, lo faccio, ma solo per vedere com’è, non sono come gli altri drogati” decisi di andarmi a comprare mezzo grammo di mdma, anche per non “sprecare” quella serata già ipotecata in quel senso dal suo inizio.

Andai al camper, diedi i 30 euro allo spacciatore, sciolsi la polverina dentro una bottiglietta d’acqua e la bevvi a brevi sorsi in circa mezz’ora.

A quel punto Giulia ed Alessandro dissero che erano “fuori”, quindi che la droga aveva fatto il suo dovere; Alessandro aggiunse anche che era buona.

Ero ancora del tutto “sano”, quando andammo a pisciare.

Al rientro sentii che qualcosa stava velocemente cambiando in me, iniziai a sentirmi “cotonato” e leggermente ebbro.

Subito dopo con Giulia ed Alessandro andammo in pista.

Ballando bevvi una lattina di birra assieme ad Alessandro.

Ad un certo punto, in un istante, tutto iniziò ad essere perfetto, come quando stai guardando in TV un canale mal sintonizzato e d’un tratto l’immagine appare perfettamente nitida e l’audio diventa stereo.

Provai quello che un buddista chiamerebbe “satori”.

D’un tratto mi sentii sollevare da terra, mi sembrò di fluttuare a qualche centimetro dallo stesso suolo che prima mi faceva sentire così pesante.

Avevo la consolle della dj di fronte, iniziai a sentire benissimo la musica, a capirla, le luci erano perfette, mi sembrava di essere in una stanza con il soffitto, voltai la testa all’insù e vidi quei fantastici cubi brillare, la rete di fili fluorescenti mi apparve meravigliosa, quasi “necessaria”. Guardai la costruzione che era in centro alla pista, quella che fino a qualche minuto prima mi sembrava senza senso e vidi un mostro alto con le braccia penzoloni, il “mostro del rave”.

Per un secondo pensai che gli organizzatori dovevano aver preparato tutto sotto effetto di droga per aver una visione così pragmatica dell’effetto delle decorazioni.

Spostando lo sguardo da un cubo all’altro, gli occhi mi ballavano per un istante per poi mettere a fuoco l’oggetto, come se avessi una sorta di molla negli occhi, molto simile all’effetto dello struzzo di “Willy e il coyote”.

Avete presente quando arriva a tutta manetta per poi bloccarsi di scatto e la testa gli tentenna per qualche decimo di secondo prima di fermarsi? Ecco, i miei occhi facevano la stessa cosa.

Tutto mi fu chiaro, tutto era perfetto, le giunture del mio corpo iniziarono ad essere meravigliosamente sciolte, come se mi avessero iniettato del lubrificante in ogni singola articolazione.

Mi resi anche conto della bravura di alcuni registi a rendere quelle sensazioni in video, sicuramente non prima di aver provato loro stessi tali droghe.

Non so se capiti a tutti, ma in quel momento mi apparve chiaro come non mai quello che dovevo fare della mia vita. Capii che dovevo impegnarmi nel mio sogno di fare lo scrittore, che dovevo amare la mia ragazza e che dovevo scrivere dell’esperienza che stavo provando.

Mai come in quei momenti avrei voluto aver sottomano un registratore per urlarci dentro tutte le emozioni che stavo provando, mi dispiaceva molto non averlo, perché ero sicuro che senza gli appunti presi “a caldo” avrei perso molte informazioni utili alla ricostruzione.

Mille pensieri vorticavano nella mia mente, facevo ragionamenti a velocità supersonica ma prima che ne finissi uno già un altro si faceva largo tra gli altri. Un bel casino insomma, ma tutto sommato piacevole.

Ero amico di tutti, tutto era bellissimo; qualsiasi cosa vedessi, facessi o pensassi aveva il suffisso “issimo”.

Smisi di pensare e la musica mi travolse, l’unica cosa che desideravo fare era ballare.

Comunicai ad Alessandro che la droga mi era “salita” e che ora capivo perché a lui piacevano tanto le droghe sintetiche. Lui sorrise.

Rimanemmo un po’ a ballare.

Ad un certo punto Alessandro mi toccò le mani e la faccia e disse che ero freddo.

Ci scostammo dalla pista e rimanemmo qualche minuto ai bordi.

Giulia andò a comprare qualche bottiglietta d’acqua.

Subito dopo sentii un leggero conato di vomito, lì per li pensai che sarebbe passato subito, invece qualche secondo dopo il conato divenne possente ed iniziai a correre verso una parete del castello con una mano a tapparmi la bocca.

Non appena tolsi la mano un getto liquido schizzò fuori della mia bocca, altri seguirono nel giro di un paio di minuti.

Subito accorsero Alessandro e Giulia per assicurarsi che stessi bene, li rassicurai, in effetti mi sentivo bene.

Ci sedemmo un attimo in una panchina bevvi un po’ d’acqua e mi bagnai la fronte ed i polsi.

Provai ad alzarmi ma sentii le gambe tremare leggermente, erano molto deboli.

Mi risedetti.

Giulia mi rimproverava del fatto di aver bevuto la mezza birra, che non andava bene, che bisognava che bevesi tanta acqua.

Alessandro mi disse che era normale sentire le gambe deboli -perchè l’mdma ti “taglia” le gambe, non è come l’ecxtasi che contenendo anche anfetamine ti tiene attivo-.

Rimasi seduto ancora una decina di minuti.

I miei amici mi parlavano in un modo strano; parlavano molto velocemente, dicevano quattro-cinque parole e poi cambiavano discorso.

Sembrava quasi si facessero le domande e si dessero le risposte.

Non facevamo una vera e propria conversazione ma frammenti di più conversazioni; almeno era quello che mi sembrava perchè non riuscivo a capire se fossero loro a parlare veramente così o se fossi io ad avere quella percezione.

Probabilmente entrambe le cose.

Attimi di gran confusione si alternavano ad attimi di quasi completa lucidità.

Ebbi la sensazione d’essere io a determinare i due stati mentali, lasciandomi trascinare dall’effetto della droga o tenendolo a bada.

Ci alzammo e tornammo in pista per un altro po’, probabilmente per un’altra ora circa.

Appena smettemmo di ballare mi sentii ritornare “a terra”.

Di nuovo il peso del mio corpo poggiava sulle gambe.

Beppe (che non aveva fatto uso di droghe, come pure la sua ragazza Anna) venne a chiedermi le chiavi della macchina perché era stanco di “non divertirsi”, voleva andare a dormire un po’.

Gli diedi quello che voleva e seguitai a ballare e parlare confusamente con la mia ragazza ed Alessandro.

Dopo circa un’ora decidemmo di tornare a casa, più che altro per Beppe ed Anna, che per tutta la notte non fecero altro che “aspettare”; non ho ancora capito perché siano voluti venire ad una festa del genere, visto che in feste del genere l’unica cosa da fare è drogarsi e goderne.

Li trovammo a dormire nei sedili posteriori.

Non me la sentii di guidare e non me la sentii nemmeno di dare la mia auto a qualcuno che si era drogato come me; chiesi quindi a Beppe se voleva e se la sentiva di portarci a casa.

Disse di si e lo fece.

Arrivammo alle 7.30 circa del mattino, mi guardai allo specchio ed impallidii nel vedermi due palle nere enormi al posto degli occhi.

Le mie pupille erano dilatatissime, quasi ad occupare l’intera iride che era nulla più che un sottilissimo contorno.

Mi buttai a letto senza sonno con un ritornello tecno che ancora mi risuonava nelle orecchie. Dopo circa un’ora mi addormentai, dormii tre ore tra la musica che ancora pompava nella mia testa e almeno 5-6 andirivieni dalla camera al bagno per pisciare tutta l’acqua che bevvi durante la nottata.

Al pomeriggio mi sentivo un po’ svuotato e tremolante, però devo dire molto meno male di quanto ci si può sentire dopo una nottata passata a bere alcolici o superalcolici.

In ogni caso mi hanno impressionato le alterazioni che può provocare una così piccola quantità di polverina bianca; ancor di più quando ho letto su internet che l’alterazione di certi valori persiste per alcuni mesi dopo l’assunzione.

In fin dei conti fu una bell’esperienza, sono felice d’averla provata ed altrettanto contento di non averla fatta durante la mia adolescenza. Molto probabilmente non la proverò più, oppure se dovesse accadere sarà attentamente ponderato.

Sono tuttavia convinto e promotore, con tutte le precauzioni del caso, che una volta nella vita si debba fare.

Credo inoltre che esperienze del genere abbiano senso proprio perché straordinarie, quindi sarebbero pericolose e senza senso una volta che diverrebbero ordinarie.

Una persona che si ama e che ama il proprio corpo non può seguitare con menomazioni del genere alle proprie cellule cerebrali ed al proprio corpo.

Se scoprissi che mio figlio fa uso di questo tipo di droghe ne parlerei seriamente informandolo su come agiscono e i danni che provocano. Un’arma molto più forte ed efficace del proibizionismo sono convinto che sia l’informazione corretta.

Nel nostro paese, oltre a sapere quanti peli del culo ha questa o quell’altra valletta o oca giuliva bisognerebbe fare un po’ d’informazione in merito.

Ma si sa che le mafie vivono del business della droga, e le mafie portano voti e consensi ai signori che siedono in parlamento, quindi tali signori devono una certa riconoscenza.

mercoledì 5 settembre 2007

La sottile linea rossa



L’Europa di oggi mi piace, sono felice fiero ed orgoglioso di essere cittadino europeo. Viaggiando in Europa si ha una grande sensazione di libertà (purtroppo soltanto essendo cittadino europeo) , la sensazione che ci siano molti popoli diversi ma nessuna frontiera. Molte volte ad esempio non ci si rende bene conto del confine tra uno stato e l’altro dell’Europa. Stai viaggiando con la tua auto e ti accorgi ad esempio che la lingua nei cartelloni pubblicitari è cambiata , allora capisci che hai passato la sottile linea rossa, e non te ne sei accorto mentre la passavi ma dopo che l’hai attraversata: questo è bellissimo. Non sono i confini a fare i popoli, ma le diverse culture.

Mi piacerebbe fosse così in tutto il mondo.

Infatti mi piace meno l’Europa di un tempo: quella che ha “esportato” i confini nella stessa maniera in cui alcuni delinquenti oggi “esportano” la democrazia.

Come sarebbe ad esempio l’America oggi senza l’invasione e la devastazione prodotta dagli europei? Come si sarebbero evoluti i popoli Maya e Azteco? E perché i nativi nordamericani continuano ad essere chiamati indiani quando sono più di 500 anni che si sa che non lo sono? Perché invece gli inglesi emigrati in America del nord vengono chiamati americani? Tra l’altro poi gli “inglesi emigrati”, dopo cinquecento anni dalla loro emigrazione, hanno concesso agli americani nativi la cittadinanza americana!!! Sembra una barzelletta, ma purtroppo è la realtà. Mi piacerebbe parlare di questo con un nativo americano.

La sottile linea rossa, oltre che il titolo di un bel film che ha la speranza di far riflettere le coscienze, è la dimostrazione delle porcherie che il mondo che si dice civilizzato è stato ed è tutt’ora capace di produrre.

La sottile linea rossa è appunto la linea disegnata su una carta geografica che decide le sorti di un gruppo di persone che molte volte nemmeno si può definire popolo, perché un popolo è un’altra cosa.

Un popolo è un insieme di persone che hanno in comune caratteristiche come radici, lingua, cultura, religione e nazionalità.

Molte volte invece i popoli sono stati (e tutt’ora lo sono) divisi dalla sottile linea rossa: dopo conquiste militari da parte del potente di turno sono stati decisi i confini.

I confini poi cosa sono? Sono delle barriere più o meno visibili che delimitano la libertà dei popoli ma sopratutto delle singole persone.

Persone che possono essere di serie A o di serie B, per non parlare di quelle di serie C.

Perché ad esempio un cittadino di un paese X può andare nel paese Y, ma il cittadino del paese Y non può andare nel paese X?

Se un mio amico mi viene a trovare a casa, perché pure io non posso andarlo a trovare a casa sua? Le cose sono due allora: o non siamo amici oppure ha qualcosa da nascondermi e quindi non siamo amici.

Mi chiedo ad esempio perché se uno ha la “fortuna” di nascere a San Diego può andare a Tijuana con la semplice carta d’identità ed invece uno che ha la “sfortuna” di nascere a Tijuana non può andare a San Diego se non dopo ore e ore di coda sotto il sole per richiedere un visto. Visto che viene rilasciato solo dopo averti preso le impronte digitali, la foto della retina, averti chiesto cosa vai a fare a San Diego e dove andrai a dormire. Ma che cazzo ti frega a te di dove vado io?! Sono forse un delinquente?! I Messicani sono delinquenti per definizione e gli statunitensi no?!

Una cosa che mi fa incazzare è il fatto che un cittadino, per lavorare in uno stato che non sia il suo e che non abbia particolari accordi con il suo stato di appartenenza, debba sudare sangue e comunque aspettare dei mesi (quando non anni) per avere il permesso di lavorare in regola.

Ad esempio un argentino che voglia lavorare in Spagna, o un messicano che voglia lavorare negli stati uniti, o uno statunitense che voglia lavorare in Europa, deve partire dal suo stato con il contratto di lavoro già firmato!

Io mi domando come sia possibile trovare lavoro a 10.000 chilometri di distanza?

Chi ti da un lavoro senza nemmeno averti visto in faccia?

Possibile che non si possa dare un visto turistico al lavoratore emigrante, che può essere emigrante anche solo per qualche mese o anno o per tutta la vita, ed una volta emigrato si cerca il lavoro che meglio gli aggrada?

Perché invece molte persone sono obbligate a rimanere nella clandestinità non potendo lavorare regolarmente?

Logico che poi si rivolgono ad associazioni criminali per trovare lavoro.

E ci lamentiamo che gli extracomunitari fanno i delinquenti o che lavorano in nero. E che altro possono fare? La sottile linea rossa non gli permette di fare altrimenti.

Gli extracomunitari che si macchiano di un crimine devono essere sbattuti sul primo aereo verso il loro paese a loro spese, devono scontare la condanna nelle carceri del loro paese e non devono mai più poter far ritorno nello stato in cui hanno commesso il crimine se è stato grave, oppure devono essere sottoposti a controlli stretti se il crimine è stato di non grave entità.

Facciamo pagare i criminali, non i lavoratori onesti, quelli lasciamoli lavorare in pace.

Ho la netta sensazione che la linea rossa sia un generatore di criminalità.

I popoli mi piacciono, gli stati meno.

E poi la cosa che più mi da fastidio e che più ma ha fatto sentire umiliato: il passaporto!

Sostanzialmente un pezzo di carta, ma virtualmente una chiave di accesso per attraversare indenni questa maledetta linea rossa.

La cosa che più mi ha umiliato è che io non sono io, non sono quello che dico di essere, sono quello che un pezzo di carta dice che io sono! Pazzesco! Pazzesco! Da non crederci.

Ho subito questa situazione quando mi è stato rubato il passaporto poco prima che dovessi entrare negli Stati Uniti dal Messico. Senza il pezzo di carta che dicesse chi fossi, non potevo entrare. Con il pezzo di carta si, senza pezzo di carta no.

La sottile linea rossa, rossa di sangue e di odio.